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Mostra Toti Scialoja, Impronte alla Galleria Lo Scudo a Verona

La Mostra Toti Scialoja, Impronte in corso alla Galleria Lo Scudo di Verona: gli orari, i periodi, il costo dei biglietti e le opere, la sede espositiva.

Mostra Toti Scialoja, Impronte Verona
Toti Scialoja, Impronte - Galleria dello Scudo, via Scudo di Francia, 2 - Verona

(Foto: Bilancia, 1958 sabbia e vinilico su tela di canapa 125 x 142,7 cm)

Mostra in corso dal 16 dicembre 2023 al 30 marzo 2024

Una esposizione alla Galleria dello Scudo ospita una selezione di opere di Toti Scialoja prodotte nella stagione più nota della sua ricerca espressiva, quella delle Impronte eseguite fra il 1957 e il 1963.

Comunicato stampa della mostra Toti Scialoja, Impronte

Dal 16 dicembre prossimo alla Galleria dello Scudo è in programma una mostra dedicata a Toti Scialoja e, precisamente, alla stagione più nota della sua ricerca espressiva, quella delle Impronte eseguite fra il 1957 e il 1963.

Con una selezione di trenta dipinti provenienti dalla Fondazione Toti Scialoja, la rassegna documenta il periodo in cui l’artista, di ritorno da New York dove si è recato nel 1956 per un soggiorno di alcuni mesi trascorsi sperimentando l’assoluta libertà del gesto, matura un radicale cambiamento: abbandona la pittura tradizionale, dipinge ora con carte intrise di colore e pone l’impronta sulla tela affidandosi nel contempo a quel cieco automatismo, quasi a scoprire le ragioni più intime dell’animo. “Liberatosi da quel tanto di ‘velato e di fumoso’ che si portava dietro dalla VI Quadriennale romana del 1955 e aprendosi a visioni più luminose come nelle tre opere presentate alla XXVIII Biennale di Venezia nel 1956, l’artista non aderisce a un sistema formale ma si confronta con immagini che affiorano alla coscienza dall’ignoto”, come afferma Giuseppe Appella, curatore dell’esposizione.

Le mostre a New York alla Catherine Viviano Gallery nell’ottobre 1956, quindi a Roma alla Galleria La Tartaruga con Afro e Burri nel febbraio 1957 e, tre mesi dopo, alla Galleria Schneider, hanno già nei titoli delle opere (Interruzione, Sovrapposto, Irritazione) una spia nel processo di avvicinamento a una pittura libera e felice, lontana dal museo immaginario creato in oltre vent’anni di disciplinato impegno nell’arte, nella poesia e nella critica. Il primo ad accorgersene è un poeta, Murilo Mendes, in una lettera a Scialoja del 21 maggio 1957: “Dai suoi quadri emana una sensazione di forza e di grandezza spaziale: per Lei il colore è anche uno spazio”.

In questo spazio, complice la solitudine di Procida che ha portato in primo piano quel movimento sperimentato sin dalle prime passioni espressioniste, si sprigionano le forze automatiche capaci, tramite impulsi progressivi, di stabilire un contatto diretto tra l’artista e la tela, di comunicare le emozioni.

La mostra si apre con Il sette di settembre, 1957, uno dei primi quadri dipinti con la tecnica dello “stampaggio”. Ogni intervento sulla tela inchiodata al suolo viene ora superato da un nuovo procedimento: “riempire di colore un foglio, rovesciarlo sulla tela e stamparlo battendo forte con le mani, fu la soluzione che apparentemente allora aboliva una mia ‘scelta’ e affidava unicamente a una ‘fatalità’ il mio intervento sulla superficie”, ricorda l’artista in una testimonianza riportata nel catalogo dell’antologica alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma nel 1991.

“L’immagine viene trasmessa tutta insieme e in uno stesso momento. L’immediatezza e la incorreggibilità dell’immagine nasce dalla contemporaneità di ogni punto della superficie con qualunque altro punto nello stesso momento dell’esser trasmesso. Stampare è come riprodurre dal di dentro una luce di lampo che illumina tutte insieme le cose dell’immagine…. Il contatto con la materia… avviene attraverso il tuo premere fisico, il tuo peso corporale: che è totale ma al tempo stesso cieco” (da Giornale di pittura, Roma, dicembre 1957). Grandi tele del 1958, quali Ininterrotto o Sabato sera, sono il preludio della svolta successiva, quando le impronte si fanno seriali come in Due orizzonti n. 2, 1959. “La ‘ripetizione’ – la ‘forma-impronta’ che ripete se stessa nel campo della pagina dipinta, ricordando quanto è stata e prevedendo quel che sarà, in un ritmato fluire del tempo – è adesso per Scialoja la via privilegiata verso la verità della pittura: e invera il transito dall’esistenzialismo e dal volontarismo del gesto… al nitore del pensiero fenomenologico.” (Fabrizio D’Amico, 1999). Il percorso espositivo prosegue con Dal teatro, appartenente alla serie dei teleri del 1960, molti dei quali realizzati nei mesi trascorsi da Scialoja a New York, in un loft in Greenwich Street. I dipinti nati durante questo suo secondo soggiorno negli Stati Uniti, da marzo a settembre, segnano uno stacco dal suo precedente lavoro, nel senso della monumentalità e della essenzialità. Sono palesemente frutto di sensibilità e formazione radicate in una terra diversa da quella d’oltreoceano, ben lontani da un’aperta adesione alle esperienze americane, e dunque governati, al contrario, da una severa ma incoercibile urgenza di “forma” del tutto europea. Tra il 1961 e il 1964 Scialoja vive a Parigi, dove lavora intensamente in uno studio in rue de la Tombe Issoire. Le tele di quel periodo si connotano per l’uso di materiali anticanonici quali corda, garza e pizzi, come in Issoire argento, 1961, e in Corda bianca, 1963. La corda, in particolare, isola sulla tela campi contigui ma distinti, in cui si inscrive l’impronta a visualizzare un processo temporale e ritmico, evidente nell’alternanza di pieno e vuoto, di scansione e pausa, di presenza e assenza. Le lezioni di Merleau-Ponty seguite alla Sorbona sono il contraltare all’irrazionalismo respirato a New York.

Giuseppe Appella sostiene che “non c’è nulla di arbitrario e di gratuito in questa libertà espressiva nata da una intensità di sentimento e confermata, giorno dopo giorno, dalle meditazioni raccolte nel Giornale di pittura e nelle lettere a Gabriella Drudi, proprio tra il 1957 e il 1963, da New York e da Parigi. Abbandono e istinto (Il sette di settembre, 1957), volontà di comunicare in profondo e frenesia (Acceso n. 2, 1958), ricerca della perfezione e sgomento (Greenwich bianco, 1960), speranza e delirio (Issoire argento, 1961), passione e fermezza (Corda bianca, 1963) si alternano inarrestabili in una realtà estratta dal caos e incanalata nel fluire dell’universo (Ripetizione con fiori, 1963)”.

L’esposizione, organizzata in collaborazione con la Fondazione Toti Scialoja, rinnova l’interesse della Galleria dello Scudo per l’artista, dopo la rassegna dell’inverno 1999-2000 imperniata sulla ricerca pittorica successiva al 1955, e quella tra dicembre 2006 e febbraio 2007 dedicata alla stagione 1983-1997. In occasione della mostra ora in programma a Verona sarà presentato il Catalogo generale dei dipinti e delle sculture 1940-1998 a cura di Giuseppe Appella, pubblicato da SilvanaEditoriale. Queste iniziative, dopo l’uscita del Giornale di pittura con Quodlibet nel 2022 e della raccolta di contributi di autori vari con Electa nel 2023, ribadiscono la centralità della figura di Scialoja nel panorama artistico del secondo dopoguerra.

Informazioni utili per la visita

Orari: da lunedì a sabato dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 19.30.
Biglietti: ingresso gratuito.
Telefono: +39.045.590144
E-mail: [email protected]
Sito web: Galleria dello Scudo

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